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Con il "De Monarchia", composto tra il 1312 e il 1313 Dante volle affrontare uno dei temi "caldi" della sua epoca: il rapporto tra il potere laico (rappresentato dall'imperatore) e l'autorità religiosa (rappresentata dal pontefice). Chiara la posizione politica del poeta, ambiguo il perché Dante abbia voluto usare il latino nel suo trattato. In termini di introspezione linguistica la sua risposta così intuitiva porterebbe ad un ricorso al latino in quanto sua lingua madre. Questo, di Osamu Fukushima, è un dizionario etimologico che pone il latino e il greco al centro delle lingue indo-europee; su queste si fondano l'italiano, il francese, lo spagnolo, il tedesco e non ultimo l'inglese che sono qui comparati da vari punti di vista etimologici. L'opera è la prima indagine sulla storia, l'origine o l'etimologia delle parole del "De Monarchia" di Dante. Il testo affronta in modo diffuso argomenti grammaticali e sintattici come proprietà linguistiche nominali e pronominali quali persona, genere, numero e caso, proprietà linguistiche verbali come tempo, aspetto, modo e voce ed elementi sintattici come causativi, conversioni, un accusativo con un infinito e costruzioni impersonali.